Il Museo d'Arte Contemporanea
di Roma in collaborazione con la "The George and
Helen Segal Foundation" (www.segalfoundation.org)
il 13 Giugno 2002 ha inaugurato la mostra retrospettiva
su George Segal,
grande protagonista della Pop Art americana.
Erano
presenti il Sindaco di Roma Walter
Veltroni, l'Assessore alle Politiche Culturali
Gianni Borgna, il
Sovrintendente ai Beni Culturali
Eugenio La Rocca, il Direttore del Museo
d'Arte Contemporanea di Roma,
Danilo Eccher,
Helen Segal e Susan
Kutliroff della The George and Helen Segal
Foundation e il curatore della mostra Gianni
Mercuri. Per
la prima volta in Italia, in uno spazio pubblico, è
stato presentato in modo articolato il lavoro di George
Segal, documentato attraverso una selezione
di quaranta opere provenienti dallo studio dell'artista
(ora sede della The George and Helen Segal Foundation,
South Brunswick, New Jersey): sculture di grandi dimensioni
in gesso e in bronzo, "rilievi", "frammenti",
olii e acquerelli dall'enorme impatto visivo ed emozionale
che ben giustifica il successo ottenuto dal maestro
nel panorama artistico mondiale degli anni Settanta
ed Ottanta. La mostra è stata curata da Gianni
Mercurio, con contributi critici in catalogo di Daniel
Berger, Martin Friedman, Carroll Janis, Dino Pedriali,
Pierre Restany e Adachiara Zevi.
Il
catalogo illustrato e bilingue (italiano-inglese), edizioni
De Luca, è la sola pubblicazione in lingua italiana
su questo grande artista recentemente scomparso. Impresa
titanica scrivere sull'Arte straziata e dolente del
Nostro Segal senza seguire il fiume d'inchiostro dei
tanti colleghi che mi hanno preceduto. Tra Segal e Roma
v'è un rapporto di risonanze plastico-classicistiche,
dirette o indirette, che curiosamente investono la maggior
parte dell'arte contemporanea mondiale. Ed è
stupefacente ritrovare tanto glorioso passato nella
quotidianità dei soggetti segaliani. Non possiamo
non rinviare all'influenza, ancora una volta semmai,
del pensiero universalistico ed attualissimo di un magistrale
C.G.Jung e dei "suoi" archetipi... Per tutto
il '900, artisti contemporanei, hanno lavorato alle
loro opere col segreto, temuto intento di riabbracciare
la Roma ombelico del Mondo. Segal vuole rappresentare
la condizione dell'uomo moderno in cui ciascuno di noi
può senz'altro proiettarsi: stanchi dei ritmi
urbani, indolenziti nelle nostre "fisicità",
seguiamo a fatica il ritmo tecnologico-virtuale.
Il
segreto del successo della Pop-art
sta proprio nell'aver voluto l'artista come
un artigiano: alchimista ed umile apprendista si rivolge
al suo pubblico non solo col gesto artistico, ma anche
col proprio personalissimo stile di vita diventa un
DIVO, una Celebrità! L'artista ha qui il privilegio
della "controcorrente",
può, relativisticamente, passare dalla pittura
alla scultura e, comunque, a qualsiasi tipo d'espressione
senza schemi precostituiti o strutturati. Può
contaminarsi col mondo esterno e poi ritirarsi per lo
sviluppo "fotografico" delle proprie esperienze.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, v'era un unico posto
al mondo dove poter vivere, quasi resuscitare, il valore
altissimo e "misterioso" delle libertà.
Gli U.S.A. e New York, the Big Apple, particolarmente!
Alla Galleria di Peggy Guggenheim si incontravano creativi
americani ed europei del calibro di un Max Ernst, Duchamp,
Pollock, Mondrian, Breton, John Cage, Kline e il de
Kooning tanto per citarne solo alcuni. Per la prima
volta, a 200 anni di distanza dall'Indipendanza dall'Impero
Britannico, anche i legami artistici europeo-americani
divengono maturi e quasi indipendenti. La sfida di Segal,
all'interno di questo quadro di riferimento, sta nel
non credere (come del resto chi scrive!), nella netta
separazione tra fisicità e spiritualità.
Il segreto del suo successo, in fondo, sta nell'aver
operato una sintesi tra l'astrazione e la figurazione!
Questa spinta alla sintesi lo pone in una sfera d'espressionismo
figurativo distinto dall'ambito della maggioranza degli
artisti cosiddetti "pop" tendenzialmente più
commerciali e così influenzati dagli echi mass-mediologi.
Nei suoi quadri alberga una certa anticipazione e focalizzazione
dei temi fin qui esposti, ma di certo è nello
strumento scultoreo che Segal meglio riesce ad esprimere
quella sorta di "pietrificazione" dei suoi
personaggi così umani e che tanto lo resero famoso
ed unico.
Egli
è l'unico artista pop che tratta temi sociali,
storici e religiosi di un certo livello, dalla rivoluzione
omosessuale all'Olocausto, preferendo la normalità
"demitizzata", meglio "deidealizzata",
come strumento espressivo a lui più vicino. I
suoi modelli, infatti, erano generalmente parenti o
amici che lui riusciva a persuadere a posare per lui.
Oltre al tema della vita domestica, Segal s'innamorò
della vita di strada e dei luoghi pubblici. E' stato
grandissimo nel trasformare la normalità di certi
personaggi di strada in immagini universali. Ripercorrendo
la sua carriera, Segal aveva iniziato come pittore influenzato
dall'espressionismo astratto. Lentamente e faticosamente
se ne distaccherà, come già accennato.
Scelse un tema biblico per i suoi primi dipinti tardi
anni Cinquanta: la leggenda di Lot, il grande perdente
dell'Antico Testamento. Avrebbe poi abbandonato la pittura
per il tridimensionale usando addirittura calchi d'esseri
umani vivi per dare forma alle sculture di gesso. Nel
1961 la prima scultura con la nuova tecnica: Man sitting
at a table che provocò molta apprensione in quanto
la tecnica non era stata ancora perfezionata.
A
lui, dunque, il merito di aver "dissociato"
questo genere artistico: dalla pittura alla scultura!
Chissà se mai il Nostro avrà preso in
considerazione gli studi di un Archimede Pitagorico
sul volume dei solidi? Troppo chiare le relazioni che
fanno dipendere l'intera sua opera scultorea-figurativa
dai rapporti sottili tra forma, volume, superficie,
luce e colore. Al nostro lettore possiamo suggerire
di andare a visitare questa mostra retrospettiva proprio
per meglio approfondire questo quadro filosofico-estetico
davvero complesso poiché scopriranno un Autore
quasi "gattopardesco" suo malgrado: ha cambiato
la tecnica ed i soggetti ma la ricerca approda inesorabilmente
verso un'originale rivisitazione in chiave classica
della sua immensa Arte. In quest'ultima, universalistica,
Segal è riuscito, moderno Ercole, a ritagliarsi
uno spazio altrimenti vuoto.
QUIRINO MARTELLINI
Note biografiche di George
Segal
Nato nel 1924 a New York, dove
è morto nel 2000, Segal si avvicina alla pittura
negli anni Cinquanta subendo il fascino e l'influenza
di quella tendenza che il critico inglese Lawrence Alloway
definì "Pop Art", per designare l'arte
figurativa ispirata dall'allora nascente società
dei consumi e caratterizzata dall'uso di una iconografia
fortemente derivata dall'immaginario popolare urbano
e dai mezzi di comunicazione di massa. Di queste esperienze
sono presenti in mostra quattro grandi olii su tela,
realizzati tra il 1959 e il 1960, opere che preannunciano
le sperimentazioni successive,volte a "riconciliare
esperienze bidimensionali e tridimensionali oltre i
limiti posti dalla pittura e dalla scultura". Le
opere presenti in mostra ben testimoniano l'originalità
della poetica di George Segal, caratterizzata dalla
volontà di rappresentare i sentimenti interiori,
la semplice umanità colta nel vivere quotidiano.
Una poetica a metà strada tra un'interiorità
con accenti espressionisti, che ha presente la lezione
di grandi maestri come William de Kooning o Franz Kline,
ma anche l'incontro del sentimento umano con il mondo
esterno, in cui si può riconoscere la matrice
pop. Le sue sculture rappresentano per lo più
delle persone colte in momenti della loro vita in cui
non accade nulla di significativo, mentre aspettano
l'autobus, bevono un caffè o ascoltano la radio,
momenti che rivelano una quotidianità che l'artista
mette a nudo attraverso toni drammatici ed esistenzialisti.
All'interno del percorso espositivo
due documentari: "Videointervista" , registrazione
effettuata a Roma, nel 1999, da RAI SAT ART, in occasione
della mostra alla galleria "2RC Edizioni d'Arte"
e "George Segal: American Still Life" che
racconta, attraverso le testimonianze di familiari,
amici e critici d'arte, quali fossero le linee guida
della ricerca artistica di Segal e in che modo i temi
apparentemente banali che decise di eleggere a soggetto
delle sue opere riassumano tutto il significato del
suo "fare arte" nel contesto della cultura
americana degli ultimi cinquant'anni.
Una sezione della mostra è dedicata a più
di sessanta fotografie inedite (in bianco e nero) sul
lavoro di George Segal, scattate dal fotografo Dino
Pedriali nello studio dell'artista a South Brunswick
nel New Jersey, nel 1976. George
Segal è uno dei più grandi artisti americani.
Sue opere sono conservate in tutti i più importanti
musei d'arte sia negli Stati Uniti che in Europa e in
Asia.
Negli
Stati Uniti: Museum of Modern Art, Whitney
Museum of American Art, Metropolitan Museum of Art,
Solomon R. Guggenheim Museum of Art, Jewish Museum,
Brooklyn Museum a New York, Art Institute of Chicago,
Walker Art Center di Minneapolis, San Francisco Museum
of Modern Art, Seattle Museum of Modern Art; National
Gallery of Art a Washington D.C.
In Europa solo per citarne alcuni: Musees Royaux des
Beaux-Arts di Brussels, Centre National d'Art Contemporain
di Parigi, Neue Galerie der Stadt di Aachen, Staatsgalerie
Moderner Kunst di Munaco, Stedelijk Museum di Amsterdam.
In Medio
Oriente : al Museum of Modern Art di Teheran
e all'Israel Museum di Gerusalemme.
In Asia è rappresentato in moltissimi musei giapponesi
e coreani.
Molte sue sculture sono installate in luoghi pubblici
sia negli Stati Uniti che in Oriente, come ad esempio
Gay Liberation, 1980 (Sheridan Square, New York); The
Holocaust, 1983 (Golden Gate Park, San Francisco)
La carriera di George Segal è ricca di mostre
organizzate in tutto il mondo: la sua prima mostra personale
si tiene nel 1956 presso la Hansa Gallery di New York
e nel 1963 espone presso la Ileana Sonnabend Gallery
a Parigi.
Nel 1971 viene organizzata una retrospettiva itinerante
in molti musei tedeschi e olandesi, nel 1978 si tiene
la sua prima retrospettiva negli Stati Uniti, nel 1982
la prima retrospettiva itinerante in Giappone, nel 1983
presso il Jewish Museum a New York e poi presso l'Israel
Museum di Gerusalemme.
Nel 1984 viene organizzata la sua prima mostra personale
in Italia, a Roma presso la "Galleria Il Ponte"
, sempre in Italia, un'altra personale si svolge alla
"2RC Edizioni d'Arte" nel 1999.
Nel 1985 epone al Jewish Museum di New York, nel 1989
al Modern Art Museum di Fort Worth (poi Orlando Art
Museum, Portland Art Museum, Whitney Museum of American
Art, Fairfield County di Stamford).
Nel 1998 presso l'Hirshhorn Museum and Sculpture Garden
di Washington, al Jewish Museum di New York, al Miami
Art Museum of Dade County.
Nel 2001 una grande mostra itinerante viene organizzata
in Giappone e negli Stati Uniti.
Delle mostre collettive segnaliamo la partecipazione
nel 1963 alla "VII Bienal de Sao Paulo", nel
1967 alla "IX Bienal de Sao Paulo", nel 1968
a "Dokumenta 4" di Kassel, nel 1977 a "Dokumenta
VI" di Kassel, nel 1988 alla Biennale di Venezia.
NOTIZIE
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9-14; (lunedì chiuso)
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