"Kokocinski
“La potenza dello spirito” e "Agostino
Tassi (1578–1644) un paesaggista tra
immaginario
e realtà" queste le mostre allestite
nel Palazzo di Venezia ed inaugurate da Claudio
Strinati Soprintendente Speciale per il Patrimonio
Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per
il Polo Museale della città di Roma.
La prima è stata visibile dal 19 giugno
al 27 luglio, mentre quella di Agostino Tassi
sarà invece possibile visitarla fino
al 21 settembre.
Kokocinski
nelle sue opere più recenti spinge in
avanti la sua idea costante di un’arte ispirata
dai tormenti e dalle estasi che percorrono le
umane vicende alternandosi e sovrapponendosi
in un andirivieni incessante. Sempre più
chiaro è il conflitto che anima questi
quadri e queste sculture. Urti violenti su scabre
superfici si affiancano a voli eterei e sognanti
dove il peso della forma sembra scomparire e
l’ opera d’ arte sembra la catarsi di tutti
i mali del mondo. Le sue opere si ispirano alla
mitologia greca, quindi abbondano raffigurazioni
di Ganimede, di Medea, di Prometeo, di Andromeda,
di Venere e Amore, di Orfeo e Euridice, ma è
ricomparso anche un altro personaggio di una
mitologia diversa: Pulcinella.
L'impatto
dell’arte di Kokocinski è effettivamente
sconvolgente, e forte è in lui l’argomento
del destino che l’ autore stesso sente come
tragico e felice insieme. L'esperienza di Kokocinski
è da accostare a quella di altri maestri
attivi oggi in Italia e fuori d’ Italia che
non hanno mai acconsentito a ritorni al passato
e nemmeno hanno mai acconsentito a forme di
epigonismo delle avanguardie del Novecento.
Uno di questi maestri è Alberto
Sughi e una sua opera cospicua,
è stata presente a fianco di quelle di
Kokocinski come un reciproco omaggio che due
pittori, in forte sintonia tra loro ma stilisticamente
assai diversi, hanno inteso fare in una occasione
del genere.
Interessante
e ricca di opere la mostra dedicata alla riscoperta
di Agostino Tassi,
paesaggista e quadraturista, noto ben più
per le vicende biografiche, che per la produzione
pittorica. La violenza compiuta su Artemisia
Gentileschi, entrata nell'immaginario collettivo,
è tutto quello che di lui il pubblico
conosce. Come predetto già nel Seicento,
i comportamenti del pittore, "mal huomo,
mal cristiano e senza timor di Dio", ne
oscurarono la fama, al punto che ben pochi dei
dipinti su tela attribuitigli cinquant'anni
fa gli viene oggi riconosciuto. Anche la monografia
degli
anni
70, sebbene fondamentale, chiarisce più
che altro i 15 anni centrali della sua attività
e non include quasi nessuno dei suoi dipinti
tardi, che non erano noti all'epoca. Ma dal
1610, data in cui il Tassi ritornò a
Roma dalla Toscana, fino almeno al 1635, egli
fu una presenza fondamentale nell'ambiente artistico
dell'epoca.
Abilissimo
autore di architetture illusionistiche, per
più di vent'anni affrescò i più
importanti palazzi romani. Per tre pontificati,
da Paolo V a Urbano VIII, ricevette commissioni
su vastissima scala dalle famiglie papali; la
morte, avvenuta nel febbraio del 1644, lo prevenne
dall'approfittare del pontificato di Innocenzo
X, che delle sue opere era "invaghito",
e per cui aveva già lavorato nel palazzo
Pamphilj a piazza Navona.
Dipinse inoltre nel Quirinale, in Vaticano,
nei palazzi Pallavicini, Odescalchi, Lancellotti,
Costaguti e Taverna, collaborando con i più
famosi artisti del suo tempo, Guercino, Domenichino
e Lanfranco. Molti affreschi sono perduti; altri
verranno in parte ricostruiti in mostra, offrendo
una
straordinaria opportunità di vedere opere
in palazzi che non sono mai accessibili al pubblico.
Dai dipinti
del Tassi in mostra si capirà il suo
essenziale ruolo di mediatore tra la cultura
nordica di paesaggio e quella italiana. Attento
osservatore della realtà, che può
riprodurre fedelmente, il pittore pone comunque
l'uomo al centro della natura. Ama combinare
dettagli estremamente realistici in visioni
oniriche, trasportando edifici antichi e cinquecenteschi
di Roma e dintorni sulle rive del mare. Il suo
gusto teatrale, derivatogli dall'esperienza
giovanile in Toscana, è spesso evidente
anche in dipinti che dovrebbero essere oscuri
drammi, come le tempeste di mare e gli incendi
notturni di città. Influenzato da Paul
Bril, fu il maestro di Claude Lorrain e interagì
con il giovane Nicolas Poussin, nei primi anni
del suo soggiorno romano. Originale inventore
di soggetti e composizioni, sarà determinante
per molti aspetti della pittura di paesaggio
e di quadratura per tutto il Seicento e anche
oltre. Sperimentando tutte le declinazioni del
paesaggio, dalle architetture immaginarie, alle
tempeste di mare, dalle vedute topografiche
alle scene di vita portuale, fu veramente "ricco
nelle invenzioni, vario e capriccioso ... di
gusto raro et esquisito", come riconosciuto
dal biografo seicentesco Giuseppe Passeri.
Ufficio Stampa Stampa
della Soprintendenza Speciale per il Patrimonio
Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per
il Polo Museale della città di Roma
Antonella Stancati, Capo
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