Professore associato
di Medicina Interna ed endocrinologo,
Claudio Letizia, Responsabile
del Day Hospital
di Medicina Interna del Dipartimento di Scienze
Cliniche del Policlinico "Umberto
I" di Roma, da anni fa parte
di un’equipe medica, diretta dal Prof. Emilio
D'Erasmo, che si occupa di diverse
patologie, ma in particolare d’ipertensione
arteriosa primitiva e secondaria
e di malattie metaboliche dell'osso esplicando
pertanto un’attività finalizzata alla diagnosi,
alla cura e alla ricerca clinica.
Mi può puntualizzare
l’aspetto della ricerca clinica del Centro?
La ricerca clinica si differenzia dalla ricerca
di base poiché l’attività si svolge
direttamente sul paziente. I pazienti che affluiscono
a questo Centro sono affetti da ipertensione arteriosa.
Parte di essi sono già a conoscenza del
loro stato ipertensivo, altri invece vengono per
la prima volta inviata da colleghi sparsi nel
territorio sia romano sia laziale o da altre regioni,
soprattutto da quelle del sud in quanto questo
Centro ha delle caratteristiche ben precise per
lo studio e la stratificazione del rischio cardiovascolare
nell’iperteso e in più anche nelle forme
secondarie dell’ipertensione arteriosa le quali,
voglio sottolinearlo, non sono così rare
come si pensa tant’è che colpiscono intorno
al 10% della popolazione degli ipertesi, la quale
si aggira intorno al 25%.
Mi è sembrato
di capire che molte persone sono ipertese senza
saperlo?
Diciamo che l’ipertensione rappresenta una parte
di un quadro che è sindronico (non vi è
solo il valore pressorio) e che nella stragrande
maggioranza dei casi è asintomatico perciò
il paziente spesso rileva valori pressori elevati
senza avere una sintomatologia sottostante, ma
nelle forme d’ipertensione secondaria di solito
c’è qualche sintomo, qualche segno clinico
che possa far pensare che lo stato ipertensivo
è determinato da una causa secondaria.
Statisticamente
prevale l’ipertensione “essenziale”
o quella “secondaria”?
Nel 90% dei casi l’ipertensione è “essenziale”
o ”primitiva”, nel 10% è invece
determinata da causa più o meno nota. Nell’ambito
delle ipertensioni “secondarie” esistono
forme più frequenti ed altre meno frequenti.
Quali sono?
Una di quelle più frequenti è il
cosiddetto iperaldosteronismo primitivo che è
una patologia a carico delle ghiandole surrenali
in cui si ha un’ipersecrezione di aldosterone,
un ormone che già fisiologicamente regola
la pressione arteriosa, ma che quando è
in eccesso può determinare uno stato ipertensivo.
Esistono poi delle forme di ipertensione “secondarie”
di non natura endocrina tout court, come per esempio
quella reno-vascolare la cui la causa è
una patologia a carico delle arterie renali, quindi
si formano dei processi di alterazioni anatomiche
a carico del vaso, quali ad esempio stenosi che
provocano una chiusura del vaso con la conseguenza
che si ha un aumento della pressione perché
il rene non viene iperfuso. La maggior parte dei
casi di questi ipertesi reno-vascolari sono di
natura aterosclerotica, ma esiste anche una forma
più giovanile (colpisce il sesso femminile,
di solito al di sotto dei venti anni), di natura
fibro-displastica,
e che provoca un’alterazione fibro-displastica
a carico dell’arteria renale. Altre forme di ipertensione
arteriosa di natura endocrina sono determinate
da un eccesso di catecolamine
determinate da tumori feocrotocimoni, oppure quelle
provocate da un eccesso di glucocorticoidi che
sono determinate o da una patologia primariamente
del surrene oppure da un’alterazione dell’ipofisi
A questo punto cosa
consiglia a quelle persone, giovani o anziane,
che di punto in bianco di scoprire di avere la
pressione alta? Cosa occorre fare prima di farsi
prescrivere la classica
pasticca?
Diciamo che i medici di base che rappresentano
il primo filtro dovrebbero soffermarsi anche sulla
valutazione delle cause secondarie dell’ipertensione
arteriosa.
E lo fanno generalmente?
Si fa, però poi tendono a mandare i pazienti
presso i centri specializzati come il nostro per
ulteriori indagini fino ad arrivare ad una diagnosi
perché l’ipertensione “secondaria”, soprattutto
quella di tipo endocrino, una volta che é
stata fatta una diagnosi accurata, è suscettibile
di guarigione. I soggetti affetti da quella “essenziale”
invece devono fare un’altra cosa molto importante:
oltre alla cura della pressione, devono effettuare
la stratificazione del danno d’organo per sapere
in che stato si trovano gli organi che normalmente
possono essere colpiti dalla pressione arteriosa
(fondo dell’occhio, grossi vasi, il cuore, l’aorta,
le arterie, il rene, il cervello)
Chi arriva nel vostro
Centro è sottoposto a tutte queste indagini
specialistiche?
Certamente! Una volta poi che è stato fatto
anche un accertamento del danno d’organo, il paziente
viene trattato con una terapia appropriata per
quello che gli è stato riscontrato, tenendo
in considerazione anche le alterazioni metaboliche
che spesso si associano all’ipertensione, come
ad esempio l’ipercolesterolomia e l’iperglicemia
che devono essere corrette perché sono
i maggiori.fattori di rischio cardiovascolare.
Ciò significa
anche prevenzione d’ulteriori complicanze?
Sì. Nell’iperteso abbassare i valori pressori
significa evitare i rischi cardiovascolari!
Quali sono i tempi di entrata nel vostro Centro
e le disponibilità dei posti?
Abbiamo la possibilità di ricoverare 10
pazienti al giorno con attese molto ridotte, tra
i quindici o trenta giorni.
La richiesta di
ricovero da chi viene fatta?
Dal medico curante, dallo specialista, da altri
ospedali, da altri enti.
In quanto tempo
il paziente viene sottoposto alle indagini diagnostiche?
A secondo dei casi. Di solito nell’ambito di due
accessi riusciamo a fare una diagnosi certa dello
stato ipertensivo e anche a valutare il danno
d’organo. Una volta terminato l’iter, al paziente
viene rilasciata una relazione clinica che sarà
portata al medico curante con cui interagiamo
per sapere come va il trattamento farmacologico.
Solitamente rivediamo il paziente dopo un anno
dalla dimissione.
Quali novità
nella cura farmacologica dell’ipertensione?
In questi ultimi anni abbiamo a disposizione un
gran bagaglio di farmaci che non sono più
eroici, ma quasi individualizzati con minori effetti
collaterali. L’iperteso oggi può e deve
essere ben trattato. Un’ultima considerazione:
oggi nei paesi occidentali solamente il 25% dei
pazienti sono ben trattati mentre il 75% ancora
no.
Lo stress
può essere una causa dell’ipertensione?
Sicuramente in alcuni soggetti può determinare
un incremento dei valori pressori, ma non ne è
il reale motivo.
MARIA
ROSARIA SANGIUOLO