Il
Museo Sinebrychoff della capitale finlandese
ospita, dal 24 settembre fino al 28 dicembre,
sessanta abiti di più celebri stilisti
italiani che hanno segnato la storia della moda
dal 1950 al 1990. È un omaggio al genio
creativo italiano che ha esportato l’eleganza
in tutto il mondo, trasformando un settore artigianale
in una delle maggiori industrie dell’Alta moda.
Un binomio arte - alto artigianato delle storiche
sartorie romane e milanesi che hanno siglato
la nascita di una delle più importanti
realtà del settore del lusso esclusivamente
made in Italy.
Abiti-architetture
di Roberto Cappucci concepiti
come delle vere e proprie opere d’arte
,
e la sensualità discreta delle leggere
stoffe ricamate e impreziosite da perle e strass
delle Sorelle Fontana; mise ricercate dalle
star di Hollywood e riservate alle principesse
e alle mogli dei politici. Una strategia di
mercato che si sviluppa allo scadere della Seconda
Guerra Mondiale, e riprende la produzione di
abiti con materiali poveri e piccole sfilate.
Le notti italiane della moda, quelle immortalate
dalla pellicola di Federico Fellini, che fanno
spazio alle dive americane come Anita
Ekberg. Gli anni Cinquanta rappresentano
il decennio in cui il comparto moda in Italia
si organizza per competere nel mercato internazionale,
avviando una collaborazione tra stilisti, atelier
e commercianti. Nel 1952 le sfilate si trasfericono
a Palazzo Pitti
fino al 1982. Al contempo nasce il centro di
Firenze per la Moda Italiana (Cfmi) che diventerà
operativo solo nel 1962 come Camera Nazionale
della Moda Italiana.
Il percorso
presenta i primi abiti da sogno, a cominciare
dalla produzione della stilista milanese immagine
degli anni Trenta, Biki,
che nasce come linea di biancheria intima. Irrompe
nella moda proponendo modelli francesi con la
casa di ”Domina”
a Milano. Definita da Michele Rak ”pioniera
del made in Italy”, Biki determina le
caratteristiche della creatività italiana
puntando ad abiti sfarzosi ed elaborati. S’ispira
alle mode passate; rievoca lo stile impero e
il Rinascimento, impiegando tessuti preziosi
e luminosi come il broccato, velluti e rasi
pesanti. Negli anni cinquanta Biki cura l’abbigliamento
di Maria Callas,
che li indossa nel dorato ambiente che gira
intorno al Teatro alla Scala. Riesce a rinnovarsi
e negli anni Sessanta lancia il tweed
e
i tessuti rustici per gli abiti da sera. A Milano
proseguono la loro attività le case di
Gigliola Curiel e
Veneziani, mentre
a Roma le sorelle Fontana, Zoe, Micol e Giovanna,
prime rappresentanti della moda italiana all’estero,
hanno non solo una clientela selettiva strettamente
riservata all’aristocrazia italiana e internazionale,
ma anche e sopratutto alcune delle più
belle donne del mondo: Jacqueline
Kennedy, Audrey
Hepburn, Elizabeth
Taylor, la Ekberg,
l’imperatrice Soraya e
Grace Kelly. Le
sorelle Fontana iniziano una fiorente collaborazione
tra stilisti e il mondo del cinema realizzando
i vestiti per alcuni film (per Ava Gardner ne
”La contessa scalza”
del 1954, a "L'ultima
spiaggia” del 1959) e inspireranno il
costumista de ”La dolce vita” che copierà
un loro modello per l’abito che Anita Ekberg
indossa quando si bagna nella Fontana di Trevi.
Sempre
a Roma l’atelier di Fernanda
Gattinoni veste personalità del
mondo dello spettacolo e dell’alta società
capitolina, una delle vetrine più ambite
dalle sartorie: da Ingrid Bergman, Bette Davis,
Kim Novak fino a Evita Peron, ma anche molte
dive italiane: Anna Magnani, Gina Lollobrigida,
Silvana Pampanini e Lucia Bosé. L’estro
discreto e singolare di Gattinoni culmina nell’abito
che Audrey Hepburn indossa nel film “Guerra
e pace” del 1956: delicati strass illuminano
il corpetto di un abito lungo stile impero,
la cui semplicità delle forme aggiunge
solo un ulteriore valore al gusto italiano.
All’epoca si afferma un altro marchio, quello
del napoletano Emilio
Pucci, che debutta con una linea sportiva
prêt-à-porter in bianco e nero.
Un firma che segna gli anni Cinquanta con una
collezione di maglieria, camicie e foulard in
cui impiega fibre sintetiche con colori innovativi
e audaci. Pucci sperimenta i materiali e utilizza
un nuovo jersey in organzino di seta e brevetterà
un tessuto elastico "elioform". Realizza
il suo ingresso sulle passerelle dell'alta nel
1962 e, a partire dal 1968, lancia una linea
maschile con Ermenegildo
Zegna.
Il passaggio
agli anni Sessanta è segnato da una trasformazione
radicale della società e dei costumi.
Aumentano le richieste dall’estero e la moda
si diffonde attraverso i canali mediatici, dalla
televisione alle riviste, e necessita sempre
più il supporto di campagne fotografiche.
A partire dalle 1967 le sfilate dell'alta moda
si traferiscono a Roma, mentre le collezioni
boutique rimangono a Firenze. Emergono alcuni
giovani stilisti che affermeranno in tutto il
mondo lo stile italiano: Valentino,
Galitzine e Mila
Schön. Sempre negli anni Sessanta
a Milano gli Associati di Assomoda fondano Milanovendemoda
e rinforzano il settore per meglio affrontare
le esigenze e la competitività del mercato.
Il connubio tra la creatività degli atelier
e il mondo dello spettacolo e del cinema s’intensifica.
Molti stilisti realizzano costumi per grandi
registi e alcuni artisti si avventurano nella
campo della sperimentazione di modelli di abbigliamento,
tra i quali Lucio Fontana
e Getulio Alviani.
Gli anni Sessanta si aprono all’insegna del
"Pigiama palazzo" di Irene Galitzine
che inaugura così una collezione di prêt-à-porter
e lancia i primi costumi in lycra. Modelli simmetrici
che giocano con l’universo artistico e formale
dell’arte optical del tempo.
Mila
Schon apre un atelier
a Milano e presenta la sua prima collezione
sulle passerelle fiorentine nel 1965. Una linea
che si caratterizza per la purezza grafica e
l’essenzialità del taglio e nell’attenzione
rivolta alla ricerca e alla progettazione. In
mostra un abito da sera Mila Schön del
1990 che ostenta una graziosa ricaduta di perline
bianche e nere, come sempre rigorosamente distribuite
con un'attenzione geometrica e tesa al rigore
formale. Poco dopo, nel 1995 Mila Schön
abbandona le passerelle dell’alta moda, per
dedicarsi esclusivamente al prêt-à-porter.
Come
lui ce ne sono pochi. Una sigla, un colore,
che fino a oggi connotano l’eleganza e la femminilità.
Emerge negli anni Sessanta e diventa in poco
più di un decennio il simbolo per eccellenza
della Italian Fashion sulle passerelle di tutto
il mondo. Valentino apre
una boutique nel 1957 in via
Condotti
a Roma, e presenta la sua prima collezione a
Firenze nel 1962. Cinque anni dopo si aggiudica
uno dei più prestigosiegon riconoscimenti
della moda, il Neiman Marcus Award. Annovera
tra le sue clienti le più belle e influenti
donne del mondo da Sophia Loren a Nancy Regan,
Elizabeth Taylor e Jacqueline Kennedy. Nel 1968
compare il marchio ”V” riportato in metallo
sui tessuti e accessori, inaugurando così
quello che oggi rappresenta un vero e proprio
culto del brand. In esposizione un abito lungo
da sera color rosso nel quale si delinea l'accostamento
e il gioco tra il rigore delle forme del modello
e la ricerca sulla morbidezza del tessuto e
dei plissé propria allo stilista.
Nel 1972
a Firenze prende il via il primo evento di Pitti
Uomo, mentre gli atelier milanesi contribuiscono
nel 1978 alla nascita della rassegna Modit di
prêt-à-porter italiano, che con
la creazione del Centro Sfilate di Milano Collezioni
sanciscono il definitivo avvento di una Milano
capitale della moda. Per fronteggiare la competitività
mondiale, numerosi stilisti diversificano la
propria produzione e si lanciano alla conquista
del mercato del prêt-à-porter.
La moda spontanea degli anni Settanta esige
che l’industria del settore dell’abbigliamento
s’ispiri ai giovani e vada incontro alle loro
necessità e possibilità economiche.
Elio
Fiorucci capisce
prima di tutti la nuova generazione e s’ispira
alla modadi strada. Verso la fine degli anni
Settanta, il mercato e il nuovo stile di vita
impongono un tipo di abbigliamento più
comodo, leggero, pratico e multietnico. L’epoca
del casual segna le passerelle e si sviluppa
di pari passo con l’alta moda che continua nondimeno
a dettare le leggi delle tendenze e della ricerca
progettuale dei tessuti.
Nell’arco
di un decennio, le sfilate si spettacolarizzano
fino a diventare dei veri e propri eventi artistici
e mediatici all'inizio degli anni Novanta, con
l’avvento dell’era delle super top model. La
nuova parola d’ordine consiste nel sorprendere,
stupire. Le maison italiane conquistano i mercati
esteri, aprono boutique negli Stati Uniti, in
Giappone e nelle principali capitali europee,
come Parigi e Londra. La produzione e la ricerca
tecnologica e di nuovi materiali connotano uno
dei nostri settori industriali d’eccellenza.
Gli stilisti si devono adeguare e diversificare
la ricerca: alle creazioni uniche associano
una produzione più commerciale, multibrand
e d’esportazione. Nel 1988 il Centro moda di
Firenze diventa Pitti Immagine, mentre a Milano
la collaborazione fra commercianti e industriali
culmina nel 1990 in un unico evento Momi Moda
Milano (che unisce Modit e Milanovendemoda).
Nel 1998 a Roma nasce l’Agenzia per la moda
spa (Camera di commercio e Comune di Roma) che
nel 2002 diventa Alta Roma.
Tra gli
anni Ottanta e Novanta sfilano Egon
von Fürstenberg, Gianfranco
Ferré, Raffaella
Curiel, Chiara
Boni, Franco Moschino,
Giorgio Armani e
Gianni Versace.
A Helsinki sono presentati una serie di abiti
da sera realizzati negli anni Novanta grazie
ai quali possiamo confrontare le varie maison.
Un percorso di moda, di stile, che racconta
anche della capacità italiana di innovare
utilizzando tutta la ricchezza delle sue tradizioni.
GIANFRANCO NITTI